(Segue da Steso nel buio parte 13)“Amore? Ehy sveglia, dormiglione!” Non so come ci fossi arrivato ma ero nel letto di Rosa. Mi sentivo riposato come mai, completamente disteso. Rosa, seduta sul bordo del letto e china su di me, mi svegliava riempiendomi il viso di baci delicati. Indossava la stessa vestaglietta di seta rosa della sera prima, ma questa volta dalla scollatura si vedeva una canottierina di pizzo bianco. “Andiamo, dai, ti ho preparato la colazione. Farai tardi all’appuntamento con il professore. A che ora dovete vedervi?” “Mhm, alle 11” “Bene, sono le 9. Hai il tempo di fare colazione e prepararti con calma.” Mi alzai ed andai in bagno, mi sentivo stranamente euforico mentre infilavo un guaio dietro l’altro. Rosa mi aspettava in cucina, dove mi aveva guidato un magnifico odore di caffè misto ad un intenso profumo di cioccolata. Uno spettacolo da Mulino Bianco. La tavola, coperta da una runner rossa, era apparecchiata con cura e imbandita di con ogni ben di Dio. Tazze, tazzine, bicchieri, posate, la caffettiera fumante, latte, biscottini di ogni sorta, acqua, succo di frutta, marmellata e fette biscottare, miele e, su un lato, troneggiava un magnifico biscotto al cioccolato che pareva appena sfornato. E lo era. Rosa si era svegliata alle 7 e subito si era messa all’opera per offrire al suo uomo il risveglio migliore. Io, che ero abituato a fare colazione con un caffè appena, bruciato per lo più, la guardai con gratitudine vera. “Tesoro, perché fai tutto questo per me? Non me lo merito.” “Ma che dici? Certo che te lo meriti. Tu mi rendi felice.” Già, Cristo! Man a mano che mi risvegliavo, che i miei neuroni si mettevano in moto e la mia coscienza prendeva atto della situazione, quella magnifica colazione si faceva più amara. Ci si aggiunsero le coinquiline ochette di Rosa che, passando per la cucina, non smettevano di lanciare gridolini, scambiarsi sguardi d’intesa e salutarmi con sorrisetti sornioni cui rispondevo con sorrisi inamidati. Ero finito nei sogni di Rosa e, per quanto ci si stesse bene per un po’, non era il mio posto. Dopo la colazione, Rosa mi fece vedere che in bagno mi aveva preparato una coppia di asciugamani pulite, uno spazzolino e persino schiuma da barba ed un Bic da donna (“Mi spiace, per questa volta dovrai accontentarti di questo. Provvederò.”) Mi preparai. Ci salutammo con un bacio morbido. Uscii. Per strada i sensi di colpa tornarono ad assillarmi. Il mio migliore amico tradito, una brava ragazza, gooogle e premurosa, inculata in tutti i sensi. Sono un mostro. Mi faccio bello con l’umanesimo ma appartengo alla peggiore umanità possibile. Chiamai Rosa al cellulare. “Amore mio, già ti manco? Tu mi manchi già.” “Rosa, volevo solo dirti grazie. Sei carinissima. Davvero non credo di meritarmi tutto quello che mi hai dato in poche ore.” “Ancora con questa storia, tesoro. Ti assicuro che non faccio che cercare di restituirti una porzione della felicità che mi dai. Darti piacere è il mio piacere. Su, ora non ci pensare. Concentrati sulla tua letteratura. Ci vediamo dopo, ti preparo il pranzo.” “Ah, mhm, d’accordo, a dopo”. Pure a pranzo. Cominciavo a pensare che a Rosa mancasse qualche rotella. Sembrava aver davvero dimenticato quello che aveva sentito la sera prima, cui non fece mai più riferimento, non aveva protestato minimamente per come l’avevo sodomizzata con la furia di un animale, continuava a ripetermi che mi amava quando i baci che ci eravamo scambiati si contavano sulle dita di una mano e si comportava come fossi il suo compagno di una vita. Questo non mi aiutava a sentirmi meglio. Peggiorava la situazione. Chiamai anche Luisa, per raccontarle l’accaduto. Già sapeva di me e di Rosa, l’aveva saputo da Michele (diavolo se corrono le notizie). Non sapeva il come e il perché, ovviamente. Le spiegai, le dissi la versione che avevo raccontato a Rosa, qualora Rosa avesse chiesto chiarimenti a lei. Luisa fu molto fredda. Mi disse che magari poi un giorno ne avremmo parlato, che ora non aveva tempo e che comunque erano problemi miei. All’università mi beccai il cazziatone del professore perché “Negli ultimi tempi lei non ci sta con la testa, siamo alle strette finale, non faccia stupidaggini”, e quando uscii trovai un sms di Michele: “Mi sa che mi devi raccontare qualcosa. Chiamami. Ti voglio bene.” Perfetto, cazzo! Avevo un disperato bisogno delle cure di Rosa, e che la mia coscienza si facesse i cavoli suoi.
Tous les participants ont 18 ans ou plus.