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RACCONTI EROTICI
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Message RACCONTI EROTICI 
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partecipate numerosi


saluti
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Message Re: RACCONTI EROTICI 
E' l'alba. Non è stato faticoso aprire gli occhi: la tensione regala sempre un torpore leggero, sospeso tra la veglia e il sonno. Le immagini scorrono veloci dal finestrino, nella luce fioca e irreale delle giornate invernali. Ogni tanto cado nell'incoscienza del dormiveglia che il rumore ovattato del treno in corsa mi offre, ma sono secondi, immediatamente riapro gli occhi, con la mente affollata di pensieri e paure. Un altro incontro, e stavolta ho dovuto mediare con gli impegni che mi hanno portata lontana. Il vagone è affollato, pieno di sguardi distratti e assonnati. Do un'occhiata all'orologio... siamo in ritardo, e in un secondo realizzo che non avrò altro tempo, dovrò correre, senza pause familiari tra mura domestiche. La voce moderata dall'autoparlante annuncia il ritardo, ormai non più lieve; gli sguardi si animano, qualcuno stizzito, poi ognuno si rinchiude nel proprio mutismo, nell'alba che schiarisce e colora con violenza i volti intorpiditi. Ecco, la voce comunica l'arrivo, e come ad un muto segnale compaiono magicamente miriadi di cellulari, toni nervosi che confermano, si scusano, si confondono, finalmente prossimi alla meta. Guardo ancora l'orologio: no, non c'è più tempo. Avrei dovuto essere all'appuntamento da parecchio, troppo. Attraverso il più velocemente possibile il grigio brusìo della stazione, verso i taxi presi d'assalto come zattere di salvataggio. La tensione, il ritardo, l'attesa, mi rendono nervosa, tesa, frettolosa. Guardo spasmodicamente la fila di persone in attesa, cerco di capire i tempi, i gruppi, sperando che qualche impaziente indispettito diventi eroicamente rinunciatario. Quando salgo sul sedile posteriore del taxi, per un secondo, un attimo, ho un impulso di rilassamento. Ci sono, sono verso la meta. Dico l'indirizzo, poi, con il cuore in gola, estraggo il cellulare dalla borsa e chiamo. Chiedo scusa del ritardo, anche se non provocato da me. - Sto arrivando - La voce, una stilettata alle mie orecchie, chiede. - Come sei seduta?- So cosa vuole dire. lancio un'occhiata veloce al taxista: è giovane, forse distratto. ma la sua nuca è impercettibilmente tesa verso me, sta ascoltando. - Sono sul sedile posteriore, con le gambe incrociate. - Rispondo cercando di dare un tono "naturale" alla mia voce, sbirciando con un brivido il guidatore. - Aprile!- Non dice nient'altro, non serve. Neanche la gonna, quasi all'inguine, mi impedisce di ubbidire. Divarico le gambe, dilaniata da me stessa. Potrei non farlo, incontrollata, ma il mio status mi insegue come i Suoi occhi. DEVO. mentre il dolore della mia impotenza urla nel mio cervello. Ogni attimo è una contraddizione, i minuti che mi separano all'arrivo un lacerare... Sono la prima persecutrice di me stessa, vorrei ritardare l'arrivo... vorrei proiettarmi fuori da quell'abitacolo. Non ho la forza di guardare, percepisco soltanto il leggero movimento della testa del conducente, lievissimamente volta verso me. Mi ritrovo in piedi mentre alle mie spalle l'auto bianca sfreccia lontano, con i suoi pensieri, i suoi sguardi, magari i suoi allibiti dubbi. Sorride. Lo seguo, con l'imbarazzo appiccicato addosso, il respiro affannoso non dovuto solo alla fretta e al ritardo. Un altro portone, un altro androne. Questa volta non sono bendata, l'ingresso è ben visibile ai miei occhi. Con un fare educato il nostro ospite ci indica un'altra stanza, allungo un passo, ma vengo risucchiata da una stretta, una voce : - Tu no - Mi ritrovo in un bagno, per un attimo sola, neanche il tempo di guardarmi intorno e la porta si apre, uno dei miei nuovi Padroni mi presenta un collare, con l'ordine di indossarlo. Il respiro affannoso aumenta. Mi guarda, si gira verso la porta e mi guida al centro della stanza che avevo intravisto precedentemente. Non c'è attesa, vengo circondata da corpi sconosciuti, mani che afferrano, strattonano, esplorano, aprono le mie carni. Il ritardo ha come generato una frenesia animalesca, vengo inghiottita dai gesti, le parole, gli ordini. La torma mi ha denudata, mi ritrovo piegata da corpi, gettata contro un divano, bloccata da gesti che affondano, esplorano, dilatano ogni meandro. E' furia: li ho intorno, la testa bloccata contro un membro affondato fino alla mia gola. Instabile sento il duro contatto di un oggetto infrangere il mio sfintere. Non posso, non devo reagire, la mano contro la mia testa spinge a fondo, soffocando anche il mio mugolìo. Inaspettatamente sento l'oggetto sfilarsi dal mio corpo, mentre una stretta sui mie fianchi precede il brutale colpo di un deciso fallo. Altri corpi si sono alternati di fronte a me, senza mai darmi tregua, neanche nella posizione. Mi sento sprofondare, mentre il mio corpo rilassato oscenicamente ondeggia sotto possenti colpi. Mi stanno usando, ininterrottamente, in ogni modo possibile, mentre il fisico, come in un fiotto, trasporta l'onda del doloroso piacere. Come in un ancestrale rituale mi allargano sempre di più, con mani, oggetti, membri. Non ho scampo, coperta continuamente dai corpi, aperta ma continuamente gonfia. Il mio corpo si sottomette alle aperture, nonostante il dolore bruciante. Vengo gestita in mille, veloci posizioni, impensate. Non danno tregua. Ormai smarrita nel tempo e nello spazio, mi ritrovo in terra, sbattuta, sfinita, esausta, continuamente abusata da impietosi sessi. E lo sento salire, irrompere, tra questo spasimo incandescente. lo sento... l'orgasmo, il ruggito del senno che si perde, che esplode in un guizzo, uno scatto bloccato da mani infinite. Eccolo, l'urlo. e nell'istante che scoppia, improvvisamente, ancora, lancinante, lungo, crudele, la sofferenza del piacere, la dispersione della mente. Urlo, prego, imploro, ma la furia non si placa, non subito. Aspettano... Aspetta... il mio dolore, per lasciarmi un momento, solo un momento, spettacolo feroce della mia impotenza, disfatta, rovesciata su un pavimento, che sotto i colpi implacabili ha lasciato una bruciante ferita sulla mia schiena, un marchio inaspettato. Resto esausta, debole, domata nel corpo e nella mente... Continueranno ancora, e ancora, e ancora. Mi riempiranno di umori, odori, piacere e dolore. soffocheranno la mia anima e il mio godere. Ancora...

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